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Blog di Astronomia di Massimo Dionisi

La Danza delle lune di Giove

DiMassimo Dionisi

Giu 28, 2020

La storia

Quando più di quattrocento anni fa Galileo Galilei puntò per la prima volta il suo cannocchiale astronomico verso Giove, non poteva assolutamente immaginare la meraviglia a cui stava per assistere. Un piccolo dischetto accompagnato da quattro piccole luci, che lo seguivano perennemente cambiando giorno dopo giorno la loro posizione relativa intorno al pianeta. In onore di Cosimo II de’Medici chiamò quei quattro piccoli puntini luminosi “satelliti medicei” ma in seguito furono conosciuti come “satelliti galileiani” in onore del suo scopritore. Quasi subito un contemporaneo di Galilei, l’astronomo tedesco Simon Marius (Simon Mayr), diede loro dei nomi specifici ovvero Io, Europa, Ganimede e Callisto attingendo dalla mitologia classica greca con personaggi mitici legati in qualche modo a Zeus (Giove per gli antichi romani); questi nomi non furono però utilizzati se non dalla metà del secolo scorso.

La scoperta di queste quattro lune di Giove fu fondamentale all’epoca per confermare la validità del sistema eliocentrico, in quanto dimostrava ampiamente che non tutti i corpi celesti giravano intorno alla Terra; tuttavia ebbe conseguenza ancora maggiori, come scoprì molti anni più tardi, nel 1675 per la precisione, il grande astronomo e costruttore di telescopi danese Ole Rømer. Quale anno prima, nel 1668, l’astronomo italo-francese Giovanni Domenico Cassini aveva pubblicato delle effemeridi in cui, in base alle leggi di Keplero, venivano predette le eclissi dei satelliti da parte di Giove; Rømer notò che in alcuni momenti dell’anno le effemeridi predicevano esattamente il fenomeno, mentre in altri no: erano in ritardo oppure in anticipo di qualche minuto. Incuriosito dallo strano fenomeno indagò meglio e scoprì che gli istanti delle eclissi erano in ritardo rispetto alle effemeridi di Cassini quando Giove era più lontano dalla Terra, in anticipo quando era più vicino. L’astronomo danese concluse correttamente che questo fenomeno era dovuto al fatto che la velocità della luce fosse finita e che quindi noi potevamo vedere l’istante di una eclissi in ritardo se Giove era più distante dalla Terra ed in anticipo se era più vicino della distanza media; calcolò questa velocità al valore di 300.000 km al secondo, risultato straordinario considerando che il dato moderno fornisce il valore di 299.752,5 km al secondo. La portata della scoperta di Rømer fu enorme anche se, ovviamente, non fu capito nell’immediato la sua effettiva rilevanza: aveva per la prima volta misurato una delle costanti fondamentali dell’Universo, la base su cui si reggono tutte le leggi sull’elettromagnetismo e, ancora di più, l’intera teoria della Relatività di Albert Einstein. In sostanza la scoperta di Galileo Galilei aveva innescato un processo di ricerca che portò a dei risultati ben al di là di quello che lui stesso avrebbe mai potuto immaginare.

Le immagini

Ancora oggi tutti gli appassionati di astronomia che puntano i loro telescopi su Giove, ritrovano quel sentimento di meraviglioso stupore che deve aver provato Galilei quando accostò per la prima volta l’occhio al suo primitivo cannocchiale astronomico. Oggi lo facciamo con strumenti ben più potenti e precisi di quelli del 1610 ma i sentimenti che ci animano sono gli stessi di quei primi coraggiosi e curiosi esploratori dei cieli.

In questo articolo sono presentate tre immagini ottentute attraverso uno di questi strumenti amatoriali: un telescopio Schmidt-Cassegrain da 200mm di diametro e lunghezza focale di 2000mm (f/10), corredato di una telecamera CCD ASI120MC a colori per poterle registrare. Le foto sono state riprese la notte tra il 25 e il 26 giugno 2020 e mostrano ben due eventi legati ai satelliti gioviani: l’uscita dal transito sul disco di Giove di Europa e l’entrata dell’ombra di Ganimede sul disco del pianeta stesso, preludio al successivo transito. Nella prima foto Europa si mostra alla sinistra di Giove, come una piccola ma definita chiazza di luce che sembra quasi una escrescenza del pianeta stesso; sulla destra, nella parte settentrionale del pianeta, si nota una chiazza nerissima, somigliante ad un piccolo “morso”, sul bordo. E’ l’ombra di Ganimede che si trova molto più a destra; ancora più a destra, leggermente in basso, il puntino del satellite Io, il più turbolento dei mondi rocciosi del Sistema Solare. La seconda immagine è stata registrata dieci minuti dopo la prima e si nota subito che le lune di sono molto spostate: Europa ora appare decisamente staccata dal disco gioviano, mentre l’ombra di Ganimede avanza decisa sulla coltre di nubi dell’atmosfera del pianeta gigante. Le complesse strutture nuvolose della Banda Equtoriale Nord si sono parimenti spostate seguendo il periodo di rotazione del pianeta intorno al suo asse che, all’equatore, è pari a 9 ore e 55 minuti; nella terza foto, scattata ancora otto minuti più tardi, il movimento di tutti gli attori coinvolti è ancora più evidente, con Europa sempre più sulla sinistra e l’ombra di Ganimede che si staglia netta e nerissima sulle perturbazioni nuvolose dell’emisfero nord del pianeta.

I dettagli delle lune

Il satellite Io, che prosegue nel suo spostamento verso destra nelle immagini, è un mondo molto strano, turbolento e violento. Con un periodo di rivoluzione intorno a Giove di soli 1,8 giorni è il più interno delle grandi lune gioviane, completamente immerso nei campi magnetici e radioattivi del pianeta gigante e sottoposto ad incredibili forze mareali che causano profondi sconvolgimenti al suo interno; l’effetto sul satellite sono devastanti: l’intera superficie di questo mondo del diametro di 3.600 km è ricoperta da colate laviche composte da silicati ricchi di magnesio e da zolfo. Con più di trecento vulcani attivi è in assoluto il mondo con più attività geologica conosciuta, le eruzioni vulcaniche hanno permesso la creazione di una sottile atmosfera composta di gas (zolfo, ossigeno e cloro principalmente) e polveri che però viene continuamente depredata dal flusso di radiazioni proveniente da Giove; sono inoltre talmente violente che il materiale espluso può creare dei pennacchi che possono raggiungere una quota di 500 km prima di ricadere sulla superficie. Insomma, forse un paradiso per geologi e vulcanologi ma sicuramente un mondo da incubo per la maggior parte delle persone, una rappresentazione abbastanza fedele di come potrebbe essere un inferno dantesco.

In confronto le altre lune galileiane sono luoghi piuttosto tranquilli, almeno in apparenza. Tutti presentano una crosta congelata e la loro composizione rivela un’alta percentuale di acqua, al contrario di Io dove è praticamente assente; la superficie di Europa è caratterizzata da una intricata ragnatela di fratture, ad indicare che la mistura di ghiaccio e rocce che la ricopre è stata più volte spezzata, forse sia dagli impatti di meteore o corpi asteroidali sia per la presenza di pressioni interne. Anche Europa, che ruota intorno a Giove in 3,55 giorni, è sottoposta alle forze mareali gioviane e si pensa che questo contribuisca a mantenere allo stato fuso il suo nucleo, creando una fonte di calore interna al satellite, del diametro di 3.100 km; il calore interno potrebbe aver fuso il ghiaccio e creato un vasto oceano sotterraneo, dove la luce non arriva mai ma dove sarebbe altresì possibile la creazione di forme di vita acquatiche, in quanto tutti i componenti base per la nascita della vita dovrebbero essere presenti. Una situazione analoga, per molti versi, a quella presente nei fondali oceanici terrestri.

 

Una situazione analoga per Ganimede e Callisto, anche se le maggiori distanze da Giove attenuano un poco le forze mareali. Ganimede impiega 7,16 giorni per completare una rivluzione intorno al suo pianeta madre ed ha un diametro di quasi 5.300 km; è il più grande tra i satelliti galileiani e uno delle lune più grandi del Sistema Solare. Anche sotto la crosta ghiacciata di Ganimede potrebbe trovare rifugio un oceano sotterraneo, tuttavia questa luna pare meno promettente di Europa da questo punto di vista.

Per ultimo Callisto, non ripreso dalle immagini della notte del 25 giugno 2020 in quanto troppo lontano prospetticamente da Giove, ruota intorno al pianeta gigante in 16,7 giorni ed ha un diametro di 4.800 km; anche questo si presenta come un mondo ghiacciato, in cui le maggiori evidenze superficiali sono i grandi crateri da impatto.

 

 

Giove, il pianeta gigante

Il Signore di tutto questo sistema è Giove, ripreso nell’ultima foto scattata il 16 giugno 2020 con la stessa strumentazione delle prime tre foto ma con l’aggiunta di una lente di Barlow 2x per aumentare la lunghezza focale relativa del telescopio ed ottenere quindi un’immagine a maggiore ingrandimento. E’ un mondo gigantesco, con diametro di quasi 143.000 km e che impiega circa 12 anni a compiere una rivoluzione intorno al Sole. Per contro, come si è accennato in precedenza, la velocità di rotazione intorno al proprio asse è all’equatore pari a soli 9 ore e 55 minuti, con rotazione differenziata a seconda della latitudine; questo testimonia la reale natura di Giove: un pianeta gassoso composto principalmente di idrogeno che, al suo interno, può acquistare le proprietà di un vero e proprio metallo allo stato liquido, viste le altissime pressioni a cui è sottoposto. I complessi e violenti fenomeni che avvengono al suo interno sono, anche se solo parzialmente, manifestati nella sua complessa e turbolenta atmosfera, con nubi di ammoniaca, metano, etanolo, composti del silicio, neon, acido solfidrico, ossigeno, zolfo, fosforo e vapore acqueo; nelle parti più esterne si possono formare anche cristalli di ammoniaca ghiacciata. Grandi perturbazioni, formazioni cicloniche ed anticicloniche, spesso più grandi della Terra, scorrono velocemente sul disco, trascinate a folle velocità dal moto di rotazione del pianeta e dalle violentissime correnti atmosferiche; la più grande ed evidente di tutte, la Grande Macchia Rossa, appare come una formazione di tipo anticiclonico sostanzialmente stabile e presente almeno da quando fu osservata la prima volta da Giovanni Domenico Cassini nel 1665; in realtà i modelli fisici e matematici dimostrano ampiamente che questa tempesta sia una caratteristica stabile nell’atmosfera gioviana. Si trova a circa otto km al di sopra degli strati nuvolosi circostanti ed più fredda rispetto ad essi, di forma ovoidale le dimensioni possono variare dai 24.000 km a 40.000 km in larghezza e da 12.000 a 14.000 km in altezza; alle sue massime dimensioni, quindi, ben tre pianeti delle dimesioni della Terra potrebbero trovare posto al suo interno. La Grande Macchia Rossa si muove in senso antiorario, quindi in direzione opposta a quello di rotazione del pianeta con un periodo di sei giorni terrestri (o quattordici giorni gioviani); pur essendo quindi trascinata dal moto di rotazione generale mostra anche un movimento proprio opposto, dovuto probabilmente alla formazione di correnti atmosferiche particolari della regione in cui si trova. Anche il suo colore può variare, passando da un rosso cupo a quello di un giallo salmone anche se questo fenomeno non è ancora stato ancora ben compreso. La sua posizione media è intorno ai 22° di latitudine sud, proprio nel mezzo di quella che è chiamata “Banda Equatoriale Sud” (SEB) che si distingue dalla analoga ma forse ancora più turbolenta “Banda Equatoriale Nord” (NEB) all’incirca sui 20° gradi di latitudine nord. Entrambe le bande (“Belt” in inglese) sono forse le sedi dei maggiori fenomeni atmosferici di Giove osservabili dagli appassionati di astronomia con piccoli telescopi, come dimostra anche la foto pubblicata, insieme con tutta la regione equatoriale nel suo complesso. L’evoluzione delle formazioni atmosferiche è piuttosto rapido ed non è insolito osservare, anche nell’arco di pochi giorni, delle variazioni nella loro forma e dimensioni.

Per concludere

Certamente, dal punto vista strettamente scientifico, le osservazioni da Terra sono state ampiamente superate da quelle condotte dalle sonde spaziali che, in questi ultimi anni, hanno fatto visita a Giove ed esplorato sia la sua atmosfera sia i suoi satelliti oppure da quelle condotte con i telescopi spaziali o da osservatori professionali; tuttavia da un punto di vista amatoriale questo gigantesco pianeta ed il suo corteo di lune riveste da sempre un fascino particolare, in grado di ammaliare e stregare qualunque appassionato di astronomia e di far viaggiare la propria immaginazione al di là delle catene che ci tengono legati al nostro pianeta.

Massimo Dionisi, Sassari 27 giugno 2020

 

 

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