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Blog di Astronomia di Massimo Dionisi

La Luna – Domi e Fenomeni Transienti (TLP)

DiMassimo Dionisi

Set 3, 2020

Nel precedente articolo pubblicato su questo Blog abbiamo visto alcuni dettagli della superficie lunare fotografati con un medio telescopio amatoriale. In questa sede sono proposte altre immagini della Luna in alta risoluzione, però questa volta sono state inquadrate sezioni particolari della superficie lunare in cui si trovano alcune delle formazioni più curiose, interessanti e caratteristiche: i Domi Lunari.

I Domi Lunari

Il termine “Domi” deriva dal latino “Domus” ovvero “casa”; si tratta in realtà di strutture a forma di cupola che ricordano, in qualche modo, i vulcani a scudo delle Hawaii o i grandi vulcani marziani della regiorni di Tharsis con il loro esemplare più grande, il Nix Olimpica, il più grande vulcano del Sistema Solare. I Domi Lunari sono assai più piccoli in quanto si estendono al massimo per poche decine di km e si elevano rispetto alla superficie circostante per poche centinaia di metri; rappresentano, insieme ai tunnel di lava (lava tubes) sia integri sia collassati ed altre poche bocche vulcaniche, la quasi totalità delle formazioni che si sono originate da attività vulcanica interna. La maggior parte dei crateri lunari ha invece avuto origine da impatti di corpi asteroidali di varie dimensioni che hanno bombardato la Luna fin dall’epoca della sua formazione; chiaramente queste violente collisioni hanno provocato la rottura della crosta superficiale e, in epoca geologiche, causato la fuoriscita di lava che è andata a formare i grandi bacini da impatto (Mare Imbrium ad esempio) ed i Mari; i Domi Lunari sono invece una delle testimonianze dell’attività vulcanica della Luna, simile per certi versi a quella terrestre, ma avvenuta miliardi di anni fa ed ora quasi sicuramente completamente terminata.  La loro formazione fu causata da intrusioni di lava molto viscosa all’interno della crosta lunare che però non è riuscita ad emergere e che ha quindi creato un rigonfiamento a forma di cupola più o meno regolare; la loro pendenza è normalmente piuttosto bassa, intorno al 2%, ma si possono incontrare anche Domi abbastanza ripidi fino al 20%. Priva di attività tettonica e con l’interno ormai quasi completamente raffreddato, la Luna non può più mostrare un’attività vulcanica propria. Quello che può rimanere, oltre ai terremoti, è una debole e sporadica attività di emissione di gas (sgassamento) da sacche presenti subito sotto la crosta isolante della superficie lunare. Quando, per vari motivi, la crosta si rompe il gas può fuoriuscire in superficie e venire colpito dalle radiazioni e dalle particelle cariche provenienti dal Sole (Vento solare), il risultato è che il gas si eccita e diventa luminoso (un pò quello che succede all’interno di un tubo al neon) ed allora si assiste al fenomeno chiamato TLP, ovvero Transient Lunar Phenomena (Fenomeno Lunare Transiente). E’ possibile che alcune delle possibili sedi di TLP possano essere ricercati in corrispondenza delle antiche regioni di attività vulcanica, quindi anche in prossimità dei Domi Lunari;si tratta di un’ipotesi ma che non trova ancora conferma.

Analisi Fotografica

Le foto qui presentate sono state tutte riprese con un telescopio Schmidt-Cassegrain da 200mm di diametro e 2000mm di lunghezza focale (f/10), unitamente ad una telecamera CCD ZWO ASI 120MC con il metodo della proiezione dell’oculare (9mm ortoscopico); il tutto supportato da una montatura equatoriale EQ6 PRO. L’elaborazione delle immagini è stata effettuata con Registax 6. La risoluzione massima raggiunta dovrebbe essere intorno ai 1,2 km, inteso come dimensioni lineari del dettaglio più piccolo osservabile. Ancora, tutte le immagini sono state riprese la notte tra il 7 e 8 agosto 2020, con la Luna illuminata a circa 83% e distante dal nostro pianeta circa 401.500 km

Il principale riferimento utilizzato per rintracciare le regioni lunari da fotografare è stato il fondamentale lavoro di Raffaello Lena sul sito Lunar Domes Atlas ALPO/BAA pubblicato il 17 giugno 2014, con eccezionali foto in alta risoluzione di vari autori e tabelle di riferimento sui Domi visibili nelle foto. Ovviamente è stato anche pressochè indispensabile il Virtual Moon Atlas reperibile su SourceForge

Un debito di riconoscenza va ancora una volta a J.E.Guest e R.Greeley per il loro libro fondamentale “La Geologia della Luna”, Newton Compton 1977-1979.

Innanzi tutto un’immagine della Luna ripresa a basso ingrandimento e campo largo per permettere di identificare le regioni fotografate nella sessione osservativa del 7 agosto; si tenga però presente che questa foto non è stata scattata la stessa sera ma precedentemente, quindi mostra una fase diversa di quella del 7 agosto 2020. A fini dell’identificazione delle regioni interessate questo fatto è ininfluente.

Poi seguono le immagini ad alta risoluzione.

In questa prima immagine ho inquadrato la regione circostante il cratere Manilius, i Domi sono identificabili grazie ai cerchi gialli ma si fatica a riconoscerli come tali per via dell’illuminazione non favorevole. Considerando che il più grande dei tre Domi identificati, MAN_1, si estende per poco più di 10 km e si eleva rispetto alla superficie circostante per soli 185 metri circa, se la luce del Sole non arriva su di esso molto radente risulta estremamente complicato anche solo percepire la sua presenza. Il cratere Manilius ha un diametro di 40 km e le pareti si alzano per 3100 metri al di sopra della superficie interna del cratere stesso.

La seconda immagine inquadra una regione leggermente a sud-ovest rispetto alla precedente con identificato il Domo HYG_3 del diametro di 10 km ed alto 120 metri. In questa regione sono presenti una notevole quantità di interessanti formazioni: per prima la Rima Hyginus, che dà anche il nome alla regione stessa, che si estende complessivamente per 220 km (buona parte è al di fuori di questa inquadratura) ed è una vera e propria frattura nella crosta lunare con un separazione di circa 4 km tra le due faglie. La sua formazione è quasi sicuramente legata a fenomeni tettonici e vulcanici che potrebbero risalire fino a 3,8 miliardi di anni fa. Al suo interno potrebbero verificarsi dei TLP. La Rima Ariadaeus è un’altra frattura nella crosta lunare, estesa anch’essa per circa 220 km ed una separazione tra le due faglie di ben 7 km; la sua profondità può raggiungere anche 480 metri.

Con la terza foto ci spingiamo invece decisamente verso l’ovest lunare ed andiamo incontro al terminatore, ovvero quella linea che divide il giorno dalla notte: in questa regione, denominata come “Vitruvius Cauchy Plate“, il Sole proiettava i suoi raggi in modo molto più radente il 7 agosto 2020, facilitando enormemente l’identificazione dei Domi Lunari. In effetti se ne possono identificare almeno 10, evidenziati dai cerchi gialli. Come si può notare sono tutti collegabili ad altre formazioni lunari come fratture e corrugamenti lavici su pianura basaltica, tutto questo ai margini settentrionali del Mare Tranquillitatis, quasi ai confini con il Mare Serenitatis. Il più alto dei Domi identificati in questa immagine è sicuramente C8 con i suoi 270 metri in altezza ed un’estenzione di circa 12 km. Il cratere Jansen, quasi al centro dell’inquadratura, ha un diametro di 23 km mentre l’omonima frattura alla sua destra che procede in direzione nord-sud si estende per circa 35 km e i suoi bordi sono separati di almeno 2 km, tuttavia il forte contrasto tra la superficie illuminata dal Sole ed il fondo del crepaccio nella sua parte centrale completamente in ombra fanno apparire la separazione tra le due faglie più grande. Difficile non immaginare una qualche forma di connessione tra questa formazione geologica e i Domi immediatamente a ridosso, il già visto C8 ma anche i più piccoli C18 e C19; questi ultimi due hanno un diametro rispettivamente di 7 e 4 km ma mentre C18 si eleva per 125 metri al di sopra della superficie circostante, C19 raggiunge solo i 70 metri.

Leggermente più a sud ma molto più ad ovest, ormai al limite della notte lunare che avanza lentamente ma inesorabilmente, si trova l’altra estremità della regione “Vitruvius Cauchy Plate“. Qui il Sole è bassissimo sull’orizzonte orientale lunare ed in certi punti solo le cime montuose più elevate ricevono ancora la luce dell’astro del giorno. Lunga e profonda come una ferita sul suolo lunare la Rima Cauchy attraversa diagonalmente l’inquadratura con i suoi 210 km di lunghezza e ben 4 km di ampiezza; più a sud la Rupes Cauchy è una scarpata che si estende per 120 km e che arriva fino ad un’altezza di 300 metri sulla superficie circostante. Tutto intorno un’intera costellazione di Domi: nella foto se ne possono identificare con sicurezza almeno undici ma sono presenti molti altri più piccoli e non visibili solo per i limiti risolutivi del telescopio utilizzato. In quasi tutte è chiaramente visibile il piccolo cratere che si trova sulla sommità della cupola e da cui anticamente fuoriusciva il materiale magmatico spandendosi nelle regioni immediatamente circostanti: C3 è uno dei più evidenti con un diametro di 17 km ed un’altezza di ben 170 metri, ma anche C2 fa bella mostra di sè con 12 km di base e 125 metri di altezza. C1 è uno dei più piccoli della zona, con soli 8 km di diametro ed appena 25 metri di altezza: poco più di una modesta collinetta.

Molto più a sud, sul bordo meridionale del Mare Nectaris, si trova il grande cratere Fracastorius del diametro di 124 km. Al confine nord del cratere, proprio nella zona di transizione con il Mare Nectaris e quasi in corrispondenza dei bordi settentrionali del cratere collassati e crollati si trova il grande Domo identificato nella foto con il cerchio giallo. Le sue dimensioni sono ragguardevoli, 37 x 27 km, raggiunge un’altezza di ben 300 metri e il cratere posto alla sua sommità risulta decentrato rispetto al centro geometrico del Domo. L’intera regione è stata chiaramente interessata da violenti fenomeni vulcanici oltre che meteorici, come testimoniano la fitta rete di corrugamenti, scarpate e fratture presenti nel Mare Nectaris e la stessa distruzione del bordo settentrionale di Fracastorius. Al’interno del grande cratere, oltre ad una frattura della crosta, è possibile vedere anche un altro probabile Domo, anch’esso di dimensioni notevoli, nella parte più meridionale ed a ridosso del bordo interno del cratere.

 

Massimo Dionisi

Sassari, 3 settembre 2020.

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